È il momento di scendere. L’ostetrica mi aggiorna telefonicamente: dilatazione 5 cm, contrazioni valide. Irene ha deciso di voler uscire dal nido, dopo 41 settimane. In casa, nel condominio, nel quartiere è silenzio. Disturbato solo dal motore della mia auto. Attraverso tutto il Vomero senza incrociare nessuno. Non un pedone, un motorino, un autocompattatore. L’atmosfera un po’ spettrale mi trasmette un lieve disagio.
Mi fermo ai semafori rossi, inutilmente in funzione. Poco prima di raggiungere la clinica, dopo aver percorso alcuni chilometri in assoluta solitudine per la prima volta nella mia vita, incrocio un’altra auto con un uomo solo alla guida (sarà un collega....?) e subito dopo una gazzella dei Carabinieri. Ho l’ennesimo modulo di autocertificazione in tasca. Non mi fermano, continuano per un’altra strada (avranno inteso che sono un ostetrico o hanno semplicemente altro da fare...?).
La guardia giurata mi apre il cancello, scambiamo due chiacchiere sulle preoccupazioni circa lo strano periodo che stiamo vivendo tutti.
La clinica è più deserta del solito, a causa delle restrizioni stringenti per limitare gli accessi non indispensabili.
Raggiungo la mamma e l’espressione del viso mi conferma che sta in pieno travaglio. Nel pomeriggio, al controllo di routine, era solo di ansia da attesa. Qualche ora dopo, le doglie. La visito, accarezzo la testina di Irene che si sta impegnando (in ogni senso), controllo il tracciato e che tutto stia procedendo regolarmente. Attendo.
Tra luci soffuse e musica rilassante, le ostetriche svolgono egregiamente i loro compiti: incoraggiano, supportano, controllano i parametri, accompagnano con dolcezza la mamma verso il traguardo, per lei sempre apparentemente lontano e impossibile da raggiungere. Alle 5,00 affiora un ciuffo di capelli. Ci siamo quasi. Si va in sala parto. Ce la fai, ce la fai! 5 o 6 spinte e alle 5,11 Irene si affaccia dalla finestra sul mondo. L’ultima spinta è quella liberatoria. È nata una figlia, è nata una mamma, una nuova famiglia!
Un pensiero corre ai colleghi impiegati giorno e notte a combattere contro la morte, propria e dei loro pazienti. Noi, qui, celebriamo la Vita. Si, sono fortunato. Il miracolo, ancora una volta, si è rinnovato. Si è accesa un’altra luce nel buio. In fondo, basta aspettare.
Irene pesa 3750 grammi e sta bene.
Felicità ❗️💕
Dottor Fabrizio Paolillo Diodati